Quando si pensa di rivolgersi a uno psicoterapeuta, gli interrogativi ‘dove?’, ‘chi?’ e ‘come?’ della psicoterapia spesso sono i più grandi ostacoli alla richiesta di aiuto, anche quando se ne sente davvero il bisogno.
Nell’immaginario collettivo la psicoterapia ha luogo in una stanza in cui campeggia il lettino. Si viene accolti da una persona di poche parole, che trascorrerà quasi tutto il tempo in silenzio. E nel silenzio misurerà le nostre parole, le nostre scelte, le nostre relazioni: la nostra vita. Ma è davvero così, come lo rappresentano nei film?
Il luogo della psicoterapia: sentirsi comodi
Riguardo all’arredamento, non c’è una regola fissa. Molto dipende dall’approccio del terapeuta, dalla sua formazione, ma anche più semplicemente dai suoi gusti. Così possiamo trovarci una poltrona e un lettino, due poltrone, una poltrona e un divano o anche due sedie e una scrivania.
Qualunque sia la scelta dell’arredo, lo scopo è sempre quello di far sentire comodi gli attori della relazione: il paziente e lo psicoterapeuta. Non uso a caso la parola comodo. Viene dal latino cum = con + modus = misura, cioè ‘a misura di’. La stanza e, per estensione, la terapia, sono luoghi letteralmente al servizio del paziente, perché ci si senta comodo, a proprio agio.
Il chi della psicoterapia: qualcuno che ci comprenda
Lo psicoterapeuta non è un detective della psiche e nemmeno uno stregone che custodisce i segreti dell’esistenza umana. Lo psicoterapeuta comprende l’altro.
La comprensione richiesta allo psicoterapeuta ha due accezioni: intendere e contenere, capire e accogliere.
Alla comprensione intesa come il contenere e l’accogliere il paziente, il terapeuta arriva grazie all’attenzione, alla benevola curiosità e al riconoscimento dell’unicità del paziente stesso. Alla comprensione intesa come intendere o capire arriva attraverso la formazione, richiesta e necessaria a chiunque voglia affrontare questa professione con la giusta serietà.
Due parole sulla formazione
In Italia l’esercizio dell’attività psicoterapeutica richiede dapprima la laurea in psicologia o in medicina e chirurgia. Successivamente l’acquisizione di una specifica formazione professionale almeno quadriennale presso scuole di specializzazione (Legge 18 febbraio 1989, n. 56).
Solo dopo questa lunga formazione, che fa la differenza tra psicologo e psicoterapeuta, si può ottenere l’Abilitazione alla Psicoterapia e l’annotazione in un apposito Albo, consultabile da chiunque voglia verificare il possesso di questa abilitazione da parte del professionista cui si voglia affidarsi (elenco psicoterapeuti annotati).
Esistono numerosi approcci psicoterapeutici (scuole per psicoterapeuti), perché numerosi sono i modi di approcciarsi alla psiche e al suo disagio, ma tutti hanno l’obiettivo di favorire il benessere e la realizzazione del potenziale di ogni persona. Di che approccio sia lo psicoterapeuta non deve preoccuparsi il paziente. Mancandogli le competenze necessarie non può pienamente comprendere la differenza tra una teoria e l’altra, un approccio e l’altro. È compito dello psicoterapeuta stesso che, una volta ascoltatolo, lo indirizzerà eventualmente all’approccio a lui più adatto.
I tempi della psicoterapia: a ognuno il proprio
Un colloquio dura orientativamente dai 45-55 minuti, ma non è una regola fissa, come non c’è una regola sulla durata complessiva della psicoterapia. Non di rado accade che il paziente arrivi con una richiesta e nel tempo ne pone una nuova. Ogni nuovo quesito segna la definizione di un nuovo percorso, con nuovi tempi e nuovi ritmi.
In breve, ci possono esserci svariate regole che orientano, tutelano e diversificano le psicoterapie. L’unica regola che non cambia mai è che l’esistenza del paziente è unica e irripetibile. E unico sarà il percorso che lo porterà a sé stesso.
Dott.ssa Aurora Sergi
Psicologa – Psicoterapeuta