La Giornata Mondiale del Diabete è un’importante occasione per far conoscere gli effetti che questa malattia può avere sul cervello e sulle funzioni cognitive.
Diffusissimo in tutto il mondo, soprattutto nelle classi socialmente svantaggiate, è destinato ad aumentare nel prossimo futuro. I numeri del diabete crescono sia per l’aumento dell’aspettativa di vita (crescita della popolazione anziana) che delle condizioni di rischio (stili di vita scorretti).
Il diabete è una malattia cronica caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) dovuti a un’alterazione o della quantità o della funzionalità dell’insulina.
L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas. Il suo compito è regolare i livelli di glucosio (zucchero) nel sangue, consentendone l’ingresso nelle cellule, che lo usano come energia.
La definizione di mellito deriva dal latino ‘mellitus‘: ‘contenente miele’ o ‘dolce come il miele’, e fa proprio riferimento all’iperglicemia e all’eccesso di zuccheri rintracciabile nelle urine dei pazienti diabetici.
Se ne distinguono due tipi: il diabete di tipo 1 (DT1, 10% dei casi) e il diabete di tipo 2 (DT2, 90% dei casi).
Il diabete di tipo 1
Il diabete di tipo 1 è una patologia cronica (i.e., dura tutta la vita) ed autoimmune (i.e., dipendente da un’alterazione del sistema immunitario). Più comunemente definito diabete giovanile, esso insorge tipicamente durante l’adolescenza. Non se ne può, comunque, escludere la comparsa anche in bambini piccolissimi (a volte neonati) o in giovani adulti.
In Italia le persone con DT1 sono circa 300.000 e sono destinate ad aumentare, in Italia come in tutto il mondo.
Cosa vuol dire autoimmune?
Il pancreas produce l’insulina necessaria all’elaborazione del glucosio mediante le cellule beta.
Nei pazienti affetti da DT1 le cellule beta vengono erroneamente classificate dall’organismo come estranee e ‘combattute’ mediante auto-anticorpi, prodotti dall’organismo stesso. In questo scenario il pancreas non è più in grado di produrre l’insulina necessaria ad elaborare il glucosio. L’unico trattamento possibile è proprio somministrare insulina, da cui il nome di diabete insulino-dipendente.
Il DT1 dipende da una complessa interazione tra fattori genetici e ambientali, per la quale non sono state ancora individuate con certezza le cause scatenanti. Si comprende perché non possa essere prevenuto.
Il diabete di tipo 2 – DT2
In Italia oltre 3 milioni di persone sono affette da DT2. A questo esorbitante numero andrebbe aggiunto 1 altro milione circa di persone che hanno la malattia, ma ancora non lo sanno.
Il diabete di tipo 2 è una malattia cronica caratterizzata, come il DT1, da iperglicemia.
Il DT2 è causato da un’insufficiente produzione di insulina pancreatica (i.e., deficit parziale di insulina) o da un cattivo funzionamento dell’insulina (i.e., insulino-resistenza).
Nel diabete insulino-resistente, gli organi bersaglio non reagiscono adeguatamente all’ormone. L’energia inutilizzata resta nel sangue come glucosio, aumentando l’iperglicemia e causando danni a vari organi.
La maggior parte dei casi di DT2 è associata ad obesità -spesso lo precede e ne è la causa scatenante- e a scorretti stili di vita. Il DT2 si presenta tipicamente in età adulta (in genere oltre i 64 anni). Chiaramente con l’aumento dell’obesità infantile cresce anche il numero di casi di DT2 precoce.
Fondamentale l’attenzione alle abitudini di vita:
- evitare zuccheri semplici, come lo zucchero e le caramelle
- evitare grassi di origine animale, come le carni rosse o gli insaccati, e i formaggi grassi
- avere uno stile di vita dinamico ed evitare la sedentarietà
- evitare e/o disciplinare il consumo alcol e tabacco.
Un discorso a parte merita il cosiddetto diabete gestazionale, che in Italia riguarda più di 40.000 gestanti. Se non controllato, il diabete gestazionale aumenta il rischio di complicazioni in gravidanza e al parto e/o di malformazioni fetali.
Normalmente regredisce dopo il parto, il che non esclude, però, si ripresenti come DT2 dopo alcuni anni.
Complicanze a carico del sistema nervoso: la neuropatia
Il diabete colpisce diversi organi e non risparmia nemmeno il cervello ed il sistema nervoso. Uno degli effetti a carico del sistema nervoso tipici -perché colpisce il 50% dei diabetici- del DT2 è la cosiddetta neuropatia.
Essa può essere periferica, a carico dei nervi stessi, o vegetativa/autonomica, a carico degli organi interni.
La forma periferica si manifesta a livello di piedi e gambe con formicolii, dolori, riduzione della sensibilità. Tipicamente parte dalle dita dei piedi, poi coinvolge tutto il piede e quindi la gamba, fino alla comparsa di ulcere cutanee (che non tendono a guarire spontaneamente).
La neuropatia vegetativa/autonomica può colpire l’apparato digerente (con diarrea o stipsi, nausea e vomito), gli organi genitali (con impotenza negli uomini), il cuore (con aritmie).
Complicanze a carico di cervello e sistema nervoso: atrofia e infarto cerebrali
Numerose indagini sugli effetti neurologici del diabete hanno riportato alto rischio di atrofia e di infarto a carico del cervello, con esordio anche molto precoce e progressione ingravescente, che in tempi relativamente brevi determinano la comparsa di demenza, tipicamente vascolare.
Detto ciò, è chiaro il perché il coinvolgimento cerebrale andrebbe indagato e monitorato sin dagli esordi della malattia.
Quali i sintomi cognitivi tipicamente associati al diabete?
I pazienti diabetici lamentano soprattutto difficoltà di memoria e/o di attenzione-concentrazione.
Uno studio recente dimostra che il DT2 colpisce un’ampia gamma di abilità neuropsicologiche di ordine superiore, con maggiore o minore specificità: l’intelligenza, la memoria incidentale, il linguaggio, le funzioni visuo-spaziali.
Si possono sintetizzare i dati della letteratura neuroscientifica puntando il dito sulle funzioni esecutive.
Definite in termini più neuroscientifici a partire dagli anni ’70, le funzioni esecutive (FE) sono da sempre al centro dell’interesse di chiunque abbia voluto studiare il comportamento umano.
Questo interesse deriva dal ruolo chiave che le FE giocano nella pianificazione, nel monitoraggio e nell’esecuzione di comportamenti complessi finalizzati a uno scopo.
In altre parole, le funzioni esecutive sono tutte le capacità che permettono agli individui di impegnarsi con successo in comportamenti intenzionali, autonomi, auto-diretti e auto-centrati.
Rientrano tra le FE la pianificazione, l’attenzione, l’inibizione, il monitoraggio, il problem solving, la memoria di lavoro (che consente di manipolare le informazioni), la metacognizione (la capacità di riflettere su pensieri, stati mentali ed emozioni).
Inutile approfondire ogni singola funzione esecutiva, impresa ai limiti dell’impossibile, se si pensa che né una definizione né una classificazione definitive delle stesse ancora esistano.
Adottando una prospettiva più ampia, possiamo annoverare tra le funzioni esecutive quelle che condividono la comune finalità di guidare volontariamente il comportamento, adattandolo flessibilmente ai cambiamenti dell’ambiente, fisico e/o sociale, in cui si opera e si vive, con lo scopo ultimo di aumentare, direttamente o indirettamente, le probabilità di ‘sopravvivenza’ nello stesso.
Lo screening per la diagnosi precoce di decadimento cognitivo (i.e., demenza) è tassativo per i diabetici di età pari o superiore a 65 anni. E andrebbe ripetuto ogni anno.
Inoltre, si stima che circa il 50% di chi è affetto da diabete manifesterà prima o poi un disagio psicologico. Altamente probabile che il disagio si manifesti sotto forma di depressione.
Inoltre, in caso di diabete sarebbe auspicabile un regolare screening psicologico, specie per l’alto rischio di depressione, che complica la gestione della malattia stessa e/o di eventuali malattie correlate, come la demenza.
Prof. Giuliana Lucci
Neuropsicologo e Psicoterapeuta